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June 26, 2004

Iraq 2003 - 2004 (Parte 1) 

A pochi giorni dal passaggio di poteri al governo - ancorché provvisorio - iracheno, quale è la reale situazione di questo paese?

Da una parte abbiamo quella che sembra essere la maggioaranza dei mezzi di informazione occidentali che ci descrivono l'Iraq come un luogo senza speranza, dove regnano violenza e terrore, ed i mendaci "contractors" (lavoratori stranieri, di diverse compagnie e con diverse mansioni) intenti a saccheggiare le risorse naturali. I mezzi di informazione arabi... ci presentano la vicenda come una crociata contro il povero popolo iracheno (non era il povero popolo iracheno mentre veniva oppresso da Hussein, però), e parteggiano apertamente per i terroristi che cercano di seminare caos con i metodi più orribili e barbari.

Dall'altra, c'è un fiume di buone, o almeno confortanti, notizie che arrivano dall'Iraq, e mi fanno sperare in un futuro molto migliore - anche se non facile.
L'avanzata verso Baghdad è stata una campagna da manuale: veloce, precisa, con pochissime perdite da parte della coalizione e fra i civili locali. Ed invero, pure l'esercito iracheno non ha subito gravi perdite. Rapporto della 3a Divisione di Fanteria sull'operazione Iraqi Freedom. (Questo documento è interessante anche perché dimostra come l'esercito USA sia continuamente impegnato nell'imparare dai propri errori e migliorarsi).
In circa tre settimane, le forse della Coalizione - ovvero, principalmente USA con un determinante aiuto del Regno Unito - hanno obliterato l'esercito iracheno, e sono arrivate a Baghdad. Ci sono state diverse battaglie, anche lunghe e feroci nel tragitto, ma nulla di lontanamente paragonabile alle devastazioni di Stalingrado, o al bagno di sangue di Iwo Jima. Niente bombardamenti a tappeto - le nuove armi di precisione rendono tale dottrina pressoché inutile. La Fase 1 della guerra, insomma, è terminata con una netta e schiacciante vittoria della Coalizione.

Dopo la fine delle maggiori operazioni militari, è iniziata la fase di pacificazione e ricostruzione. Una fase del genere è sempre un poco più incerta, anche vista la difficoltà nel definire esattamente cosa sia una vittoria nel campo della ricostruzione e pacificazione. Le forze USA, comunque, hanno dovuto fronteggiare una intensa attività di geuerriglia/terrorismo, che è stata ed è tuttora condotta per la maggior parte non da "combattenti per la libertà" iracheni, ma bensì da stranieri (siriani, sauditi), bahaatisti e saddamiti superstiti, estremisti sciiti, membri di Al-Quaida eccetera. Chiunque questi soggetti siano, il loro principale interesse non è certo il benessere del popolo iracheno, ma piuttosto l'incremento del loro potere personale e/o l'instaurazione di un "califfato", una teocrazia islamica sullo stile Iran/Afghanistan talebano.
Ma nonostante tutto, gli americani sono ancora lì. La guerriglia ed il terrorismo, con tutto il loro carico di odio ed orrore, con l'uccisione indiscriminata di combattenti e non combattenti (più che altro i secondi, che sono bersagli più facili), hanno conseguito forse una vittoria tattica. Ma gli obiettivi politici (nuovo governo iracheno, autonomia eccetera) sono stati raggiunti con una puntualità quasi incredibile.

Il momento più difficile per il nuovo Iraq è stato nello scorso Aprile, quando le insurrezioni coordinate degli Sciiti di Moqtada As-Sadr*, legato all'Iran, e Sunniti (probabilmente influenzati dall'uomo di Al-Quaida, Al-Zarqawi), hanno sottratto diverse aree al controllo della Coalizione. Ma la risposta è arrivata inesorabile e metodica: i Marines hanno decimato i Mujaheddin di Fallujah, e l'esercito USA ha lentamente distrutto la milizia di As-Sadr. Anche il contingente italiano a Nassiriya è stato impegnato con successo in operazioni contro le milizie di Sadr. Tuttavia, Fallujah non è stata una vittoria totale per gli americani: ragioni politiche (politicamente corrette, sarebbe meglio dire) hanno fermato i Marines prima che potessero finire il loro lavoro, e così gli estremisti sono quasi riusciti a creare il loro piccolo califfato. Quasi, perché Zarqawi ora è nel mirino degli attacchi aerei di precsione (tattica molto probabilmente mutuata da Israele), e mi azzardo a dire che i suoi giorni sono contati.
In tutte queste operazioni, le forze della Coalizione hanno perso non più di 1000 soldati, con qualche migliaio di feriti. I numeri possono sembrare grandi, ma durante lo sbarco in Normandia, 1000 soldati sono morti forse nei primi dieci minuti.
E vorrei ricordare a tutti che il mestiere dei soldati è quello di combattere. Non necessariamente di morire o restare feriti, ma queste sono cose che succedono in combattimento.

E' tardi, sento il sonno che mi prende. Penso che qui finisca la prima parte delle mie considerazioni.

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