June 28, 2004
Iraq Sovrano (Iraq 2003-2004 Parte Seconda)
Mentre mi accingevo a riordinare le idee per scrivere questo secondo articolo, ecco che arriva la notizia: il passaggio dei poteri dalla CPA di Paul Bremer al governo iracheno di Allawi é avvenuto due giorni prima del previsto. Ora l'Iraq é a tutti gli effetti uno stato indipendente e sovrano. Domanda cinica: quanto ci vorrá prima che i pacifisti & C. mettano l'etichetta di "Governo fantoccio degli USA" al nuovo esecutivo? Poco tempo, temo.
Ma andiamo avanti: la ricostruzione dell'Iraq é iniziata ancora prima della fine delle ostilitá, e procede a grandi passi. A Baghdad, la costruzione e ristrutturazione di case procedono ad un ritmo tale da esaurire le scorte di materiali edili. Gli iracheni che lavorano nella nuova polizia, o guardia nazionale, o pubblici servizi (scuole), godono di salari molto piú alti e condizioni di lavoro molto migliori di prima. Attivitá commerciali ed aziende stanno sorgendo; Baghdad é punteggiata di antenne paraboliche. In generale, quasi tutto il paese ha capito di trovarsi di fronte ad una svolta, e per la prima volta dopo molti anni, il popolo puó sperare in un futuro migliore - e lavorare attivamente per ottenerlo. Niente piú arresti arbitrari - con motivazioni tipo "Avere criticato il presidente Saddam Hussein", torture sistematiche di migliaia di persone (le recenti vicende di Abu Grahib, per gravi che siano, costituiscono solo una frazione, in qualitá e quantitá, delle atrocitá saddamite), omicidi eccetera. Un qualcosa di abbastanza simile alla democrazia sta nascendo, e chi si dice tanto a favore di democrazia e libertá dovrebbe esserne contento.
E' costato tutto questo? Si, uno tale cambiamento non puó essere indolore. Diverse migliaia di non-combattenti iracheni sono morti in questi mesi, in parte nei danni collaterali delle operazioni militari, ed in gran parte uccisi dai terroristi islamici che poi si presentano al mondo come liberatori. Ma cifre come i 9 - 11 000 morti fornite da Iraq Body Count sono molto probabilmente esagerate di un fattore 2 se non 3. Le infrastrutture irachene sono state danneggiate, ma non molto di piú che durante i trenta anni di incuria bahatista. E comunque, le infrastrutture sono la cosa piú facile da ricostruire.
Oltre al prezzo umano, la Coalizione ha pagato pure un ingente prezzo economico: gli USA hanno speso almeno 200 miliardi di dollari. Gli USA dovrebbero requisire tutto il petrolio iracheno per molti anni, solo per fare pari.
Gli americani resteranno in Iraq per molto tempo ancora: non solo perché le forze del rinato Iraq non possono effettivamente difenderlo dai nemici esterni ed interni (Iran e Siria fanno la loro parte nel soffiare sul fuoco), ma anche perché la campagna in Medio Oriente é tutt'altro che finita. I prossimi sulla lista sono probabilmente la teocrazia quasi-nucleare in Iran, ed la piú che ambigua casa reale saudita. Non so se ci saranno altre operazioni militari di vasta scala a breve scadenza, ma sicuramente gli USA vogliono mantenere una sensibile presenza militare nella zona, in modo da tenere alta la pressione, cosí come basi militari USA si trovano tuttora in Europa - dal 1945 - per contrastare la Russia sovietica. Ma ora il pericolo rosso non esiste piú, e le forze americane si stanno lentamente spostando verso il Medio Oriente e l'Asia centrale. Questo potrebbe anche avere a che fare con il contenimento della crescente Cina, ma la Cina sará forse il problema della prossima generazione. Questa generazione deve affrontare l'Islam radicale.
Le fonti.
Belmont Club, per la penetrante analisi della situazione militare in Iraq.
Little Green Footballs, come sorgente di notizie che altrimenti passerebbero inosservate.
The Command Post, una raccolta di notizie dall'Iraq.
Iraqi Bloggers Central, le voci dei diretti interessati.
Tech Central Station, interessanti e ben ponderati articoli su tutto, piú o meno.
The middle ground, per avere smontato le teorie del "E' tutto per il petrolio!"
Niente fonti "di sinistra"? No: non ho alcun interesse a leggere articoli che sono solo una infinita ripetizione di Bushitler/Petrolio/Halliburton/Crociate eccetera, pure condite da una irrimediabile ignoranza delle piú elementari nozioni di strategia e tecnologia militare. Per non citare i paraocchi ideologici, ma il discorso srebbe troppo lungo.
Ma andiamo avanti: la ricostruzione dell'Iraq é iniziata ancora prima della fine delle ostilitá, e procede a grandi passi. A Baghdad, la costruzione e ristrutturazione di case procedono ad un ritmo tale da esaurire le scorte di materiali edili. Gli iracheni che lavorano nella nuova polizia, o guardia nazionale, o pubblici servizi (scuole), godono di salari molto piú alti e condizioni di lavoro molto migliori di prima. Attivitá commerciali ed aziende stanno sorgendo; Baghdad é punteggiata di antenne paraboliche. In generale, quasi tutto il paese ha capito di trovarsi di fronte ad una svolta, e per la prima volta dopo molti anni, il popolo puó sperare in un futuro migliore - e lavorare attivamente per ottenerlo. Niente piú arresti arbitrari - con motivazioni tipo "Avere criticato il presidente Saddam Hussein", torture sistematiche di migliaia di persone (le recenti vicende di Abu Grahib, per gravi che siano, costituiscono solo una frazione, in qualitá e quantitá, delle atrocitá saddamite), omicidi eccetera. Un qualcosa di abbastanza simile alla democrazia sta nascendo, e chi si dice tanto a favore di democrazia e libertá dovrebbe esserne contento.
E' costato tutto questo? Si, uno tale cambiamento non puó essere indolore. Diverse migliaia di non-combattenti iracheni sono morti in questi mesi, in parte nei danni collaterali delle operazioni militari, ed in gran parte uccisi dai terroristi islamici che poi si presentano al mondo come liberatori. Ma cifre come i 9 - 11 000 morti fornite da Iraq Body Count sono molto probabilmente esagerate di un fattore 2 se non 3. Le infrastrutture irachene sono state danneggiate, ma non molto di piú che durante i trenta anni di incuria bahatista. E comunque, le infrastrutture sono la cosa piú facile da ricostruire.
Oltre al prezzo umano, la Coalizione ha pagato pure un ingente prezzo economico: gli USA hanno speso almeno 200 miliardi di dollari. Gli USA dovrebbero requisire tutto il petrolio iracheno per molti anni, solo per fare pari.
Gli americani resteranno in Iraq per molto tempo ancora: non solo perché le forze del rinato Iraq non possono effettivamente difenderlo dai nemici esterni ed interni (Iran e Siria fanno la loro parte nel soffiare sul fuoco), ma anche perché la campagna in Medio Oriente é tutt'altro che finita. I prossimi sulla lista sono probabilmente la teocrazia quasi-nucleare in Iran, ed la piú che ambigua casa reale saudita. Non so se ci saranno altre operazioni militari di vasta scala a breve scadenza, ma sicuramente gli USA vogliono mantenere una sensibile presenza militare nella zona, in modo da tenere alta la pressione, cosí come basi militari USA si trovano tuttora in Europa - dal 1945 - per contrastare la Russia sovietica. Ma ora il pericolo rosso non esiste piú, e le forze americane si stanno lentamente spostando verso il Medio Oriente e l'Asia centrale. Questo potrebbe anche avere a che fare con il contenimento della crescente Cina, ma la Cina sará forse il problema della prossima generazione. Questa generazione deve affrontare l'Islam radicale.
Le fonti.
Belmont Club, per la penetrante analisi della situazione militare in Iraq.
Little Green Footballs, come sorgente di notizie che altrimenti passerebbero inosservate.
The Command Post, una raccolta di notizie dall'Iraq.
Iraqi Bloggers Central, le voci dei diretti interessati.
Tech Central Station, interessanti e ben ponderati articoli su tutto, piú o meno.
The middle ground, per avere smontato le teorie del "E' tutto per il petrolio!"
Niente fonti "di sinistra"? No: non ho alcun interesse a leggere articoli che sono solo una infinita ripetizione di Bushitler/Petrolio/Halliburton/Crociate eccetera, pure condite da una irrimediabile ignoranza delle piú elementari nozioni di strategia e tecnologia militare. Per non citare i paraocchi ideologici, ma il discorso srebbe troppo lungo.
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